lunedì 13 agosto 2018

Le 5 voci dei cantori raffigurati da Luca della Robbia, nella descrizione di D'Annunzio



Conoscere il mistero della voce umana ed AVERE "ORECCHI PER IL MIRACOLO DELLA VOCE" :

5 aprile 1971
Maria, ricevo una lettera interessantissima del delicato poeta bolognese, Pietro Guidobono, su una materia a te cara: quella canora, nella quale fosti maestra. Egli mi ricorda che D'Annunzio, nel 1928, a Verona, durante l'intervallo di una mia recita di "Rigoletto", venne a conoscermi sulla ribalta. Tu, convalescente dell'operazione, subita a Buenos Aires, eri rimasta a Valencia. D'Annunzio mi parlò con straordinaria competenza sul mistero della voce umana, parlata e cantata, ed accennò ai rapporti avuti col Pontefice poeta, Gioacchino Pecci (Leone XIII), di cui menzionò la voce "che incredibilmente gli si arrotondava sullo appuntato naso". Su questo particolare io feci un commento in "A viso aperto", evocando la voce stentorea del novantenne Capo della Chiesa; voce, che contrastava con il suo corpo mingherlino e minuto e con la sua avanzata età. Egli aveva saputo liberarla dall'involucro carnale, giovandosi degli armonici, risonanti nella cassa cranica, non dissimile dal legno di uno Stradivario per capacità di trasmissione delle onde sonore. Ne sappiamo qualcosa di "arrotondamenti sul naso", Maria, altrimenti come avrei potuto reggere la colonna sonora sugl'incredibili vertici del "G. Tell"? I grandi poeti sanno intuire le occulte realtà della natura e dello spirito, che sfuggono ai profani, ligi alle mode e proni ai miti e agl'idoli.
Leone XIII cantava, nelle solenni liturgie, con voce che non implorava il soccorso di microfoni e amplificatori per farsi sentire dentro l'immensa Basilica di S. Pietro. Pietro Guidobono, alludendo a questo commento di 20 anni addietro, m'invia la copia di 3 pagine, tratte da "La Violante dalla bella voce" (libro di D'Annunzio, recentemente apparso in Italia), che si ispirano a un coro di cinque voci di cui Luca della Robbia riproduce i volti nella Chiesa di S. Miniato al Monte. Quale stupendo intenditore di voci e di anime canore, questo nostro glorioso poeta, sì indegnamente maltrattato dalla critica moderna, tanto irriverente quanto ingiusta e ignorante. Egli è capace di esporre una analisi psicologica e fisiologica della voce, come nessun musicista, direttore d'orchestra, maestro di canto ha saputo mai concepire ed esprimere. Egli si domanda: "Donde cavò Luca della Robbia lo stampo di questi cantori che mi inebriano?... Certo intese ad osservare quella maschera viva che il canto crea sul volto di chi canta, la quale ha una misteriosa rispondenza col timbro... Nessuno, degli artefici d'arti mute, rappresentò mai la voce così pienamente... Qui distinguo ciascuno delle 5 voci: il più robusto dei 5 canta di petto e gli si gonfiano le vene del collo; il giovinetto di destra canta nel naso. Canta in falsetto quel di sinistra... Il secondo fanciullo ha una pura voce argentina che gli schiara tutto il volto, e più degli altri s'abbandona all'ebbrezza del canto... Presso alla sua gota è la palma aperta di colui che a bocca chiusa conduce il Coro".
Come fa D'Annunzio ad esaminare e distinguere le inudibili voci di cantori le cui figure sono fissate nella muta materia plastica? Intuizione di poeta. Sì, ma come riesce a percepire il metodo di canto nella voce del cantore che canta "di petto", del cantore che canta "nel naso"; dell'altro, che canta "in falsetto"; del quarto, che ha "pura voce argentina"; e dell'ultimo che canta "a bocca chiusa"? Solamente un tecnico può immaginare la fonetica usata da un cantore che non canta, giudicando unicamente la emissione sonora dall'atteggiamento e dall'espressione del viso. Non è sorprendente questa forza d'intuizione del Poeta delle Laudi? Ma c'è di più. D'Annunzio deplora che "gli uomini non abbiano più orecchi per il miracolo della voce. Fatti ottusi dall'abitudine della disattenzione, possono udire una voce nuova senza riscuotersi... Non v'è in tutta la natura suono più patetico né più rivelatore né tanto inimitabile della voce umana... Non possiamo conoscere la nostra propria, come non conosciamo la nostra anima. Certo ella risuona nelle ossa del nostro capo diversa da quella che le orecchie altrui odono. Non una parola, ma il suono d'una parola determina i grandi eventi, reali e ideali. A chi appartiene il segreto di modularla? ... Non quel che dirò mi varrà, ma il modo, ma l'accento ... La mia verità è affidata al mio grido, io so che nella mia profondità è una voce inoppugnabile, la voce inaudita, quella a cui non resiste il più spietato petto e forse neppure la porta della Morte... io potrò falsarla, né condurla, né rattenerla... Or di che è fatta la magia di certe voci che sembrano svegliare in noi quasi una promessa sposa del nostro desiderio più celato? ... Parlo delle voci fuggitive, estranee, che udimmo per un istante, e non dimenticheremo più".
Che mai avrebbe immaginato D'Annunzio, se avesse ascoltato la tua voce, Maria, e avesse osservato la tua maschera viva che aveva così misteriosa rispondenza con il timbro della tua voce melodiosa: voce alata ed esperta di tutti i segreti del canto puro? Purtroppo oggi dobbiamo confermare che gli uomini "non hanno più orecchi per il miracolo della voce". A te apparteneva il segreto di modularla e di rivelarla a me e agli altri; in te il modo e l'accento della parola scenica illuminavano il suono e diffondevano una suggestione dovuta all'azione del pensiero, trasfigurante la materia vocale in eterea armonia di vibrazioni.

(da: G. Lauri Volpi - "Parlando a Maria" [Ros] - Trevi Editore, Roma, 1971)

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