Nella registrazione del grande tenore di Lanuvio, Lauri-Volpi affronta e risolve magistralmente l'esecuzione del si naturale acuto (nel valore ritmico della durata di un'acciaccatura) sulla vocale U della parola "uragano" - nell' "Esultate" dell'Atto I dell' "Otello" di Verdi :
fare bene attenzione al secondo 0.36... dell'incisione, come egli adatti la vocale U della parola "uragano" presente nel testo del libretto, dando maggior spazio, come se fosse una O, per le esigenze dell'emissione della voce (in zona acuta, che non segue le medesime regole della zona centrale cosiddetta "del parlato").
Questo metodo è perfettamente in linea con ciò che Volpi ha esposto nell'intervista del '62, condotta da Saraceni. Infatti, alla domanda dell'intervistatore : "- Scusi Commendatore, tutti hanno sempre notato, noi stessi, è vero, che per Lei le vocali qualunque sia la nota che Ella deve emettere, sia sparata sia filata, per Lei le vocali non hanno importanza, Lei le affronta tutte e appoggia la nota con una limpidezza, una precisione, mentre invece abbiamo sentito tanti cantanti che in certi punti, per esempio nel Faust "a me rivela la fanciulla" quando tutti fanno "la fanciulla a me rivela" perché gli è più facile emettere la vocale "E" anziché la vocale "U" sul do acuto. Altri casi per esempio molti non riescono a fare bene il finale dell'Amarilli perché le "I" [sul fa diesis, il passaggio] gli danno fastidio.
E mi dica un po', quegli "I" che sono tremendi come fa a farli uscire fuori così limpidi?"
E mi dica un po', quegli "I" che sono tremendi come fa a farli uscire fuori così limpidi?"
ecco quale fu la spiegazione della risoluzione da adottare nella zona di passaggio e poi negli acuti secondo Lauri-Volpi :
(...) bisogna che la gola sia indipendente dall'articolazione (...) Tutte bisogna dirle le vocali, tutte le parole; se uno domina la gola, vale a dire che la colonna sonora è sempre quella intatta, i raggi sonori si proiettano sulla cassa cranica e allora sono indipendenti dalla articolazione. La vocale "A", diceva Rossini, è la regina delle vocali. I francesi non hanno un' "A" sonora come la nostra, nessuna lingua; la vocale A italiana ben messa è di per sé stessa una musica, diceva Rossini. (...) se Lei dice la "I" pensando alla "A" Lei vedrà che la "I" viene ampia e sonora, bisogna pensare alla "A" nel dire la "I", perché la "A" tiene tutto il condotto aperto.
(da una intervista di Sergio Saraceni, Roma 1962)
(da una intervista di Sergio Saraceni, Roma 1962)
Da tener presente anche questa successiva testimonianza volpiana :
(...) Del Monaco ha sempre serbato un ricordo deferente verso l'anziano collega, al quale, telefonando, una mattina, dall'Hotel Plaza di Roma, volle svelare un suo segreto: «Vuol sapere, confessò, perchè mi decisi a studiare l' "Otello"? Già mi ero deciso a rinunciare alla carriera, dopo una disavventura nella "Gioconda" al Liceo di Barcellona, quando ebbi la ventura di ascoltare il suo disco dell' "Esultate". Notai il modo di emettere quel terribile "fa diesis" su cui poggia l' "a" della parola "uragano", che non si sa se vada "aperta" o "chiusa". Mi misi ad imitare il suo suono in quella nota e a forza di studio, riuscii ad allineare tutta la gamma sul quel suono con lo stesso colore. Così mi fabbricai una voce per l' "Otello"; l'opera della mia fortuna».
(...) Quanti hanno sentito quella mia nota! Eppure non ci hanno fatto caso. Per Del Monaco fu la salvezza. (...) Caso del tutto diverso, quello di Corelli, al quale rivelai, per giornate intere, il perchè di certa fonazione, a differenza di un'altra, con immediata dimostrazione vocale sulle più varie romanze del più famoso repertorio. Nella mia "Terza età", così la chiamano i gerontologi, mi sento orgoglioso di aver giovato ai due più quotati e scattanti tenori dell'ultima generazione lirica. (...) Quante voci si sarebbero salvate negli ultimi anni, se i giovani artisti avessero, come Del Monaco e Corelli, studiato sui vecchi: interrogato, imitato, amato i vecchi?
(da: G. Lauri-Volpi - "Il 'nipotino' di Otello" - Musica e Dischi, novembre 1968)
(...) Quanti hanno sentito quella mia nota! Eppure non ci hanno fatto caso. Per Del Monaco fu la salvezza. (...) Caso del tutto diverso, quello di Corelli, al quale rivelai, per giornate intere, il perchè di certa fonazione, a differenza di un'altra, con immediata dimostrazione vocale sulle più varie romanze del più famoso repertorio. Nella mia "Terza età", così la chiamano i gerontologi, mi sento orgoglioso di aver giovato ai due più quotati e scattanti tenori dell'ultima generazione lirica. (...) Quante voci si sarebbero salvate negli ultimi anni, se i giovani artisti avessero, come Del Monaco e Corelli, studiato sui vecchi: interrogato, imitato, amato i vecchi?
(da: G. Lauri-Volpi - "Il 'nipotino' di Otello" - Musica e Dischi, novembre 1968)
La concezione tecnica volpiana, in questo, risulta simile a quella di Beniamino Gigli (ebbero infatti, a Santa Cecilia in Roma, gli stessi maestri: Antonio Cotogni ed Enrico Rosati) come si può notare per esempio nell'incisione di Gigli del 1923 dell'aria "O paradiso", dall'Africana di Meyerbeer, nella quale il tenore recanatese, per emettere il si bemolle acuto, segue nella pratica la medesima idea tecnico-vocale esposta diversi anni dopo nella sua "Lezione introduttiva" tenuta a Londra nel dicembre 1946 :
"The vowels EE and EH, OH and OO, are narrow sounds, in degree, on the low and lower medium notes. But once we are on the high pitches they must be given ample space for development, just as if they were of the same "aperture" as the AH vowel."
(Le vocali "I" ed "E", "O" e "U", sono suoni stretti, nel grado, su note medie basse e più basse. Ma una volta che noi siamo su altezze di tono acute dev'essere dato loro ampio spazio per svilupparsi, proprio come se fossero della stessa "apertura" della vocale A.)
Anche nell'estratto video che riprende l'esecuzione di Gigli allo Sportpalast di Berlino nel 1932, egli sposta il "m'ap-" di "m'appartieni" sul successivo sol bemolle, preferendo, piuttosto che cambiar sillaba sull'acuto, portare la voce legando il sol bemolle, nota di passaggio, o meglio di saldatura (come la chiamava Lauri-Volpi), sulla vocale "u" di "Tu", al si bemolle acuto, sempre tenendo la vocale medesima che viene però aperta di spazio per azione del cadere naturale della mandibola!
In tal modo si raggiunge una posizione vocale comoda per la voce umana su quell'altezza acuta di suono. In questo, Gigli fu perfettamente in linea con quello che disse vari anni dopo a Michelangelo Verso quando questi gli chiese : "Commendatore, ma come fa gli acuti?" ed egli rispose: "Il colore dev'essere come uno strumento... e non pensare alle vocali, pensa a un suono, la voce dev'essere un suono".
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