lunedì 18 marzo 2019

Testimonianza su Lauri-Volpi di Alessandro Volpi, pronipote del tenore di Lanuvio - Verona 2019


Il tenore Giacomo Lauri-Volpi nel ruolo di Calaf, nella "Turandot" di Giacomo Puccini rappresentata a Caracalla nell'estate del 1958

IL MIRACOLOSO CALAF DEL 66ENNE LAURI-VOLPI A CARACALLA (frutto di natura e tecnica) !!!

Correva l'anno 1958, a Caracalla. Tra le opere era in programma la Turandot di Puccini. Quasi settantenne, aveva sessantasei anni, il luglio suscitò un richiamo straordinario a Roma, gremita di turisti soprattutto tedeschi, i quali, oltre che per lo zio, corsero compatti e numerosi a fare il tifo per la cantante Inge Borg, loro connazionale nel ruolo della Principessa di ghiaccio. Noi, papà in testa, eravamo in cinque, con Gabriella come sempre elegante e graziosa, ma come tutti poco cosciente del rischio che correva lo zio. Tutti i melomani sanno che la Turandot è un'ammazza-tenori, soprattutto nelle arene all'aperto, e lui, a quell'età, si cimentò con la gagliardia di un "matador", forte, chiaro, vigoroso, ma io per tutt'il tempo stetti nell'ansia, con la paura che facesse un colpo sulla scena. Correva dalla tenda di Calaf al proscenio come un giovanetto e spuntavano dal manto vermiglio sotto le ginocchia le sue gambe arcuate, ben piantate, come una sedia di Luigi XV. Al "Nessun dorma", cominciai a sudare. Di applausi strepitosi a scena aperta ne ebbe tantissimi e io ad ognuno nascondevo la mia faccia per non farmi vedere piangente di gioia e di superba soddisfazione. Ma al "Nessun dorma" ebbi proprio paura, paura da cardiopalma. Lui la cantò tutta in ginocchio, con le braccia alzate, vibranti al fluire delle note che limpide scorrevano con una nitidezza incisiva e scultorea. Al "vincerò" sollevò la testa con uno scatto superbo, l'assolo volò aleggiando su tutta Caracalla e al Si naturale fulmineo un boato improvviso di applausi scroscianti senza fine consegnò la sua voce alla storia. Di colpo risorsi dal coma e, cessata la mia agonia, mi sciolsi in un pianto liberatorio. Papà, Gabriella e Sandro corsero a salutarlo, io non ci andai; fermo e muto con la testa fra le mani, rimasi lì attonito in adorazione, come se fossi di fronte ad un miracolo.

(Ricordo di Antonio Volpi, tratto dal libro "Mi chiamavano Svante" - Gondolin, 2018, letto pubblicamente dal Prof. Alessandro Volpi, pronipote dello storico tenore di Lanuvio, in occasione dell'evento "Il tenore Giacomo Lauri-Volpi, mito e storia di una voce tra due secoli", Verona, Teatro Filarmonico, 14 marzo 2019)