domenica 1 dicembre 2024

L'ESECUTORE VOCALE: il più intimo e diretto collaboratore di un Compositore e di un Direttore d'orchestra

Giacomo Lauri-Volpi - CON TOSCANINI (1967)

"Il più intimo, diretto collaboratore di un Compositore e di un Direttore d'orchestra è l'ESECUTORE VOCALE"!!!

Giacomo Lauri-Volpi - CON TOSCANINI:
È per me un insigne onore (...) per un artefice della voce cantata, un collaboratore scenico, un esecutore del melodramma, trovarsi qui, in mezzo a direttori d'orchestra tra i più illustri del nostro tempo, a critici musicali e compositori non meno egregi, per l'invito rivoltomi dal Sovrintendente dr. Remigio Paone, con le parole lusinghiere:
"A questo convegno, dal quale la figura del grande Interprete possa risultare precisata il più concretamente possibile, quale protagonista di tutto un capitolo fondamentale nella storia della direzione d'orchestra, saremmo lieti che Ella volesse partecipare recando i ricordi della Sua personale conoscenza del Maestro".
Questo straordinario convegno, indetto a soli pochi mesi dal cataclisma che ha minacciato di affogare Firenze; la città Fiore del Mondo (così la chiamano in uno splendido libro Papini, Bargellini, Prezzolini e Soffici) (...) è un segno di quanto possano l'amore dell'Arte e la volontà di vivere e fiorire di tutto un popolo che, come il popolo ellenico, diede lezione imperitura al mondo del pensiero e dell'Arte.
(...) Ma non è la prima volta che Firenze si rivolge ad un cantore per ricordare un grande musicista. Si sa che il più intimo, diretto collaboratore di un compositore e di un direttore d'orchestra è l'esecutore vocale. È la voce primaria, che non solo interpreta note, ma incarna un personaggio, la "dramatis persona" pur nella finzione che, tuttavia, dà al pubblico il senso della vita nella figura, nel gesto, nella parola scenica, nel suono cantato.
Quando si trasferì dal Cimitero di Père Lachaise alla recentemente inondata Basilica di Santa Croce, la salma di Gioacchino Rossini, il Sindaco di Firenze Marchese Torrigiani e il Presidente dell'Istituto Musicale invitarono a parlare, dopo le Autorità cittadine e nazionali, il tenore Tamberlick, venuto espressamente da Parigi a tributare, anche a nome dei suoi compagni, l'omaggio di tutta una generazione di cantanti gloriosi, alla memoria del Cigno di Pesaro. Le sue parole davanti al feretro, riaperto dopo 18 anni dalla morte di Rossini, suscitarono un senso di stupita commozione, espressa da una voce che, dal Maestro, aveva ricevuto consigli, ispirazione, incitamenti per quella nostalgia di perfezione estetica propria dei grandi spiriti. Anch'io vengo da lontano a recare il mio tributo di ammirazione al sommo Interprete, qualificato, giustamente, "protagonista di tutto un capitolo fondamentale nella storia della direzione d'orchestra".
Del resto, la storia della direzione orchestrale vera e propria risale ad un secolo. Mi sia concesso riassumerla succintamente.
Un tempo le orchestre si riducevano a una limitata famiglia di strumenti. Il dramma cantato era affidato esclusivamente alle voci primarie per le quali, assai spesso, gli autori componevano le loro opere. La supremazia delle voci muliebri e, più tardi, il predominio di quelle dei sopranisti eunuchi, assorbiva l'interesse degli spettatori a tal punto, che la parte strumentale si limitava al pedissequo accompagnamento del canto scenico. Il direttore batteva il tempo. Spesso doveva soggiacere al capriccio delle auree, quanto arbitrarie, gole per le quali non esisteva né ritmo, né stile. Unica legge, il virtuosismo; unica genialità, l'improvvisazione.
Ma Rossini limiterà sghiribizzi e ghirigori degli improvvisatori. Comporrà le cadenze lui stesso, e dirigerà talvolta le sue opere emergendo dalla fossa orchestrale. Col "Guglielmo Tell" darà intenso impulso alla trama strumentale, affidando all'orchestra parte concomitante, se non preminente - come avverrà con l'avvento del dramma musicale wagneriano -, nella elaborazione del melodramma tipicamente italiano. Si manifestò allora la necessità di un animatore, di un condottiero della falange strumentale, composta di elementi a corda, a fiato, a percussione, nonché della massa corale, che incominciò a farsi poderosa e ponderosa. Urge che tutti i fili dello spettacolo siano in mano di un solo: di una specie di Demiurgo. Appaiono i primi grandi direttori d'orchestra nella seconda metà del secolo romantico. Non più semplici battitori di tempo con l'archetto o un fascio di fogli in mano.
Il Berlioz ne parla argutamente, dopo aver assistito ad un concerto vocale e strumentale a San Luigi de' Francesi in Roma.
Si delineano le prime figure dei cosiddetti "maghi della bacchetta", un tantino egocentrici, che non sempre eseguivano ciò che l'autore ha scritto, sostituendosi, in questa attitudine, alla condotta dei tanto deplorati divi del bel canto. Le rivalità tra i protagonisti scenici e i protagonisti del podio, iniziano quell'incrinatura della compagine vocale e strumentale che, qualche decennio più tardi, porterà alla crisi del teatro lirico. Il quale tuttora, e oggi più che mai, ne subisce - sia detto per inciso - le perniciose conseguenze, dalle quali ha tratto vantaggio enorme una nuova figura di esecutore: il "divo" della regia, la cui categoria è salita al massimo fastigio della gerarchia dello spettacolo operistico.
Purtroppo le rivalità tra esecutori travolsero, non di rado, l'autorità dello stesso compositore, cioè del vero creatore dell'opera d'arte. Qualcosa ne seppero lo stesso Verdi, Puccini e Giordano e Mascagni. Così ha finito per prevalere nell'animo del pubblico una nuova forza, una oscura forma di pseudo musica e di pseudo canto a base di ritmi elettronici e di voci epilettoidi.
Dicevo che fin dai tempi di Verdi, s'inizia l'avvento della prestigiosa bacchetta. Ma i veri direttori d'orchestra riuscirono a prevalere non per sortilegi e virtù esoteriche, ma per devozione e lealtà verso la musica e il compositore. I Mariani, i Faccio, i Mancinelli, i Ferrari, i Mugnone, i Vitale, i Serafin, i Gui, i Marinuzzi, i De Sabata, onorarono il podio.
Eccelse il conterraneo di Verdi: quell'Arturo Toscanini che, per oltre mezzo secolo, sbalordì l'universo della musica (...)

(in: LA LEZIONE DI TOSCANINI - Atti del Convegno di studi toscaniniani, tenutosi dal 6 all'11 giugno 1967 a Firenze, nella Sala dei Dugento di Palazzo Vecchio, nell'ambito del XXX Maggio musicale fiorentino - Firenze, Vallecchi ed. 1970 - ristampa anastatica, Parma, agosto 1985; tra i relatori e partecipanti vi erano personaggi come E. Ansermet, M. Carner, G. Confalonieri, F. d'Amico, T. Dal Monte, M. Favero, E. Gara, G. Gavazzeni, R. Leibowitz, E. Lendvai, R. Pampanini, T. Pasero, G. Pugliese, M. Stabile, A. Votto.
La relazione intitolata "CON TOSCANINI" inviata dal grande tenore di Lanuvio, Giacomo Lauri-Volpi (da Burjasot, Valenza - SPAGNA), non fu letta al convegno ed appare pubblicata in Appendice agli Atti del Convegno internazionale: sei storiche giornate, in otto sedute, dedicate ad Arturo Toscanini, a dieci anni dalla scomparsa del celebre Maestro parmigiano)

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