domenica 1 dicembre 2024

Le grandi trasmissioni dell'EIAR - "Ugonotti" all'Arena di Verona ("RADIOCORRIERE", 1933)

Gli Ugonotti all'Arena di Verona - RADIOCORRIERE - 13-20 agosto 1933 (con Lauri-Volpi)

LE GRANDI TRASMISSIONI DELL' "EIAR" - "UGONOTTI" ALL'ARENA DI VERONA -

(...) Ormai, lanciare nell'etere uno spettacolo, anche non appositamente preparato per la radio, è divenuta cosa quotidiana: ma certe commistioni, che, letterariamente, si potrebbero definire, all'antica, contaminazioni, generano tuttavia nuove meraviglie e ammirati consensi.
Non si entra in uno dei grandi monumenti del passato senza riceverne nell'anima il prestigio: e in verità sembra che i fantasmi di antichi costumi, di glorie polverizzate, di forze disperse, risalgano dalle ruine, specialmente quando queste rimangano quasi intatte, come avviene per l'Arena di Verona. E già sorprende di poter ricostruire spettacoli odierni, là dove i Romani organizzarono feste grandiose, di ammassare migliaia di spettatori, in abito d'oggi, là dove furono i pèpli, le porpore, le tuniche, le lorìche; di alzar palcoscenici giganti, dove si ergevan le tribune dei Consoli e dei Proconsoli, di affidare gli effetti luminosi ai potenti riflettori elettrici, dove soltanto il Sole li creava, e di far cantare Lauri Volpi, in vesti cinquecentesche, là dove i bestiarii, i reziarii, i gladiatori, davan spettacolo di gagliardia e d'audacia.
Ma più ci esalta collocare i microfoni, minimi ordegni novecenteschi, a contatto con le pietre millenarie, che reggimenti di schiavi tagliarono, alzarono, addossarono, per trenta metri d'altezza e 400 metri di perimetro, in tre file di cinte, e son lì, da venti secoli, maestose e taciturne, e videro tanta storia di tempi e di genti, e oggi servon l'acustica per una trasmissione radiofonica...
La quale, conviene dirlo, si presentava, tecnicamente, con molte incognite, non tanto per l'incrocio di innesti di linee, dovendo irradiarsi per tutta l'Italia, quanto per le difficoltà di "presa". Il pubblico di un'Arena non è quello di una sala, dove leggi e tradizioni impongono una disciplina di silenzio e di compostezza. Nell'Arena, la stessa enormità di spettatori, calcolati a 18.000, provoca un diffuso e gigantesco mormorio, imponente di altezza e di vastità.
Inoltre, linee di fortuna, grovigli di cavi, mucchi di batterie, messi in opera, dove?... In un sotterraneo della galleria interna, in una di quelle volte che fan capo ai 74 vomitorii antichi, oggi chiusi verso la "càvea" ma aperti appunto nei sotterranei: e a contatto con gli altri giganteschi "camerini", dove centinaia di comparse, guerrieri, ballerini, folla d'ambo i sessi, studenti, cittadini, ugonotti e cattolici, tutti egualmente religiosi del fracasso e dello schiamazzo, andavano, venivano, gorgheggiavano, gridavano, allegrissimi ad onta delle discordie intestine che avvenivan frattanto sul palcoscenico.
Pure, a prescindere dallo spettacolo visivo, che rappresenta certamente una grande attrattiva, si può affermare che, dal punto di vista lirico, l'Opera di Meyerbeer sia stata gustata meglio per radio che per diretta ascoltazione. Pensiamo, infatti, alle condizioni di vastità dell'ambiente; l'orchestra, pur di grande complesso, sembra affiochirsi in tanto aere, e alle gradinate estreme giunge assai tenue; lo stesso valga per le voci, che, se sprofondate in dentro, han da vincere distanze prodigiose. Sicchè, ci vuole la potenza d'un Lauri Volpi o d'un Pertile, per superarle con vantaggio. Perfino la compattezza dei cori subisce talune diseguaglianze, taluni ritardi fra primi e ultimi piani, comprensibilissimi.
Orbene, ai microfoni, posti con scienza oculata, nessun rapporto giunge diminuito o sfocato. Essi raccolgono in piena misura tanto le voci del palcoscenico come quelle orchestrali, evitando in maniera quasi assoluta i movimenti della folla innumerevole.
Martire, certo, ed eroe, il direttore tecnico della trasmissione. Conoscetelo, idealmente, o ascoltatori! Vedetelo, all'atto dell'inizio, già in cuffia da un'ora per i definitivi assaggi delle linee, già esausto di preparazione e di organizzazione scientifica, passare in completa tensione, pur calma e serena, all'ascoltazione dell'opera "in partenza", valutando, secondo per secondo, l'entità dei suoni e modulandoli all'uopo: tutto questo, per la durata, non certo breve, dell'opera, continuamente informandosi dell' "arrivo" d'onda alle stazioni, tecnico e musicista insieme, direttore d'orchestra, di cori e di masse, sull'immenso palcoscenico della radio, votato al silenzio e all'ombra.
Per la cronaca, una splendida luna. La quale ammirava, ammiratissima, la Parigi del 1572 (...)
CASALBA.

(dal "RADIOCORRIERE" del 13-20 agosto 1933)

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