L'acustica all'aperto all'Arena di Verona, secondo G.Lauri-Volpi ('Rigoletto' e 'Turandot', 1928) e B.Gigli ('Marta' e 'Africana', 1932) |
ACUSTICA ALL'APERTO all'Arena di Verona, secondo Lauri-Volpi ('Rigoletto' e 'Turandot', 1928) e Gigli ('Marta' e 'Africana', 1932)!!!
Lettera di Lauri-Volpi, inviata da Venezia - tra una recita e l'altra del 'Rigoletto' e di 'Turandot' - il 20 agosto 1928 alla moglie Maria Ros che si trovava in quel momento a Valencia:
"Appena arrivato a Genova e liberatomi dalle noie della dogana, partii in automobile con Zenatello. Arrivammo a Milano in sei ore penose, per la pessima strada e la polvere asfissiante. L'indomani, all'alba, ripartimmo per Venezia. Tre ore deliziose, queste, per la bellissima strada olmata e il panorama suggestivo. Poche ore di riposo nella villa di Zenatello e la Gay: una corsa in mezzo a un orto ricco di vegetazione. In serata, una prova all'Arena. Ieri sera mi presentai nel 'Rigoletto'. Successo enorme, replica della 'ballata' e della 'canzone'; parossismo del pubblico al 're bemolle' del duetto.
La voce mi ha servito pronta e ardita, quasi che non fossi esaurito dal lungo viaggio in mare e in macchina e dal poco dormire. L'Arena è veramente superba, grandiosa, gloriosa. Immagina: ieri sera, gremitissima, era un mare di teste. E quando nell'immensa cavea e per le gradinate, illuminate a giorno, il pubblico in segno di saluto, sventolò in mio onore i fazzoletti e, spente le luci, accese, come qui si costuma, miriadi di candeline, tutto il vasto anfiteatro romano offriva, nella notte stellata, uno spettacolo indimenticabile, unico. Peccato, Maria, che tu non c'eri. Avresti pianto di gioia. La notte scorsa, esaltato dalla recita, e stanchissimo per le tante emozioni, ho dormito appena cinque ore. Questa sera, 'Turandot'.
Per la prima volta, in vita mia, ho cantato all'aperto, davanti a tanta folla. In quella vastità temevo che la voce si perdesse. Per contro - mi si dice - ha risuonato, dominatrice, ovunque conquistando spazi e cervelli. La gente sembrava impazzita."
(da: G. Lauri Volpi - "Parlando a Maria" - Trevi Editore, 1972)
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28 luglio 1932 - Verona, in occasione delle recite di "Africana", Beniamino Gigli concede un'intervista al giornale "Arena":
«(...) "Nel mio continuo pellegrinare - pellegrino di canto e di arte, per quanto mi è possibile, italiana - Verona è una delle soste più care e più belle", così ci diceva Beniamino Gigli, rievocando il suo soggiorno ed il suo successo veronese di tre anni fa. "Verona è una città nella quale io respiro l'aria dell'arte (...) Potrei dire che qui è tutto bello; certo che tutto è suggestivo come è suggestiva la storia di questa città illustre che, fra gli altri primati, può vantare quello - e per un artista non è una cosa secondaria - degli spettacoli lirici all'aperto".
- Lei crede, abbiamo chiesto, al successo, o meglio all'avvenire, degli spettacoli lirici all'aperto?
"Certo" - e nel risponderci calorosamente, il suo volto si è illuminato di un sorriso - "certo, e non affermo un paradosso, i veri spettacoli lirici, i più completi si possono avere all'aperto. Ma, c'è un ma, che pregiudica queste rosee speranze; e cioè che pochi sono i teatri all'aperto che si prestano bene. Il migliore, quello che ha diritto ad un avvenire, è il teatro costituito dalla vostra Arena. Lo spettacolo lirico in Arena non perde della sua efficacia musicale e vocale, poiché i mezzi acustici del grande anfiteatro sono meravigliosi, dovrei dire portentosi. Quanti non sono i teatri che vanno per la maggiore, e sono più sordi dell'Arena? Potrò farne un elenco che sarebbe più numeroso delle dita delle mani. E lei", continua il nostro interlocutore, sempre più accentuando la vivacità della sua conversazione, "non ha idea che voglia dire per un artista cantare in un teatro che uccida la voce, che ne smorzi i chiaroscuri e ne uniformi quella gamma di pause che sono necessarie onde creare nel canto quell'atmosfera melodica che è la sua ragione principale di gioia e di entusiasmo per lo spettatore. Questi inconvenienti in Arena non si verificano, poiché essa è, per usare una frase colorita e di moda, una grande conchiglia sonora. (...)".
- Ha provato subito questa sensazione, durante le prime due recite di "Marta"?
Beniamino Gigli sorride e tace per qualche breve istante. Il ricordo del primo debutto in Arena, è certo per l'illustre artista molto gradito.
"Ecco: sarò sincero. Accettai di cantare in Arena con qualche esitazione. Temevo che l'anfiteatro non rispondesse a pieno, e che il pubblico gradisse questi spettacoli più per la loro completezza coreografica, che per la loro impronta artistica lirico-musicale. Invece, dopo i primi momenti nei quali non provavo apprensione, ma un senso di disagio, mi accorsi che il pubblico - e che pubblico era: un fiorire infinito di teste, di vesti che io scorgevo indistintamente; e lassù in alto, il bagliore bianco dell'ala dell'Arena, sola, e irta come un fantastico scoglio - dicevo che mi accorsi come il pubblico sin dall'inizio fosse preso dal canto e dalla musica, che risuonavano nel silenzio alto dell'anfiteatro in tutta la loro pienezza". (...)»
(l.p. "Arena", 28 luglio 1932)