sabato 17 ottobre 2015

Lauri-Volpi e il Bel Canto secondo Rossini

Cari lettori, oggi celebriamo un avvenimento molto importante per il Belcanto Italiano:

il 17 Ottobre del 1826, Martedì, il compositore Gioachino Rossini viene nominato a Parigi "premier compositeur du Roi" e "inspecteur général du chant en France"!

Nella foto: Gioacchino Rossini (Pesaro 1792 - Passy, Parigi, 1868)
Riportiamo un passaggio tratto dal libro "Cristalli Viventi" scritto da Lauri-Volpi nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, poi pubblicato nel 1948.

Copertina del libro "CRISTALLI VIVENTI" scritto dal Tenore Giacomo Lauri - Volpi

In questo fondamentale punto del libro, Lauri-Volpi parte da alcune considerazioni sulla vocalità belcantistica nella concezione ed estetica rossiniana, fino a citare un'importante dichiarazione fatta dal Cigno di Pesaro a Parigi nel 1858, che è un po' un "manifesto" del Bel Canto italiano secondo Rossini! Sia ben chiaro che tali principi sono validi sia per la Musica di Rossini che per gli altri compositori di opera italiana prima e dopo di lui.

Non dimentichiamo che il grande tenore italiano, aveva interpretato il ruolo del Conte d'Almaviva nel "Barbiere di Siviglia" al Metropolitan di New York nel 1923 e quello di Arnoldo nel "Guglielmo Tell" alla Scala di Milano nel 1930 per il centenario della prima esecuzione dell'opera.

Lauri-Volpi nel ruolo di Arnoldo nel Guglielmo Tell di Rossini, 1° marzo 1930 al Teatro alla Scala di Milano


Concedetevi una pausa dai labirinti del web e leggetevi pure la seguente, gustosissima citazione che vi darà un'esatta cognizione di cosa dovrebbe essere il Belcanto Italiano per essere definito tale.

"Nel 1817 il Rossini trovò l'opera soggetta a un genere di composizione secondo il quale l'autore, scritta la melodia con un accompagnamento ridotto alla più semplice espressione affinché non limitasse il capriccio di abbellirla a piacimento. "Gorgheggi, volate, trilli, salti, abuso di semitoni, aggruppamento di note: ecco il carattere del canto che adesso prevale", avrebbe scritto il Rossini secondo una lettera a lui attribuita. Il Cigno di Pesaro volle porre un termine alla confusione e all'assurdità della paradossale tradizione, fissando egli stesso le "fioriture", conformandole al carattere della sua musica. Senonché cantanti celebri osarono introdurre modifiche e innovazioni alla presenza stessa del Maestro, il quale non esitava, nondimeno, ad approvarle, quando eran di buon gusto ed aderivano al testo. (...)

Certo è che con lui il canto fiorito, riformato e disciplinato, pose termine agli abusi degli evirati e al loro impiego sulle scene liriche. E affinché si conoscesse il modo inequivoco di educare la voce, scrisse nel 1827 un metodo di canto che la rendesse schietta, agile, ampia e insieme soave e tenera. Insomma, atta al vocalizzo e alla modulazione; né mai dubbiosa nei trapassi dalla regione bassa alla media, e dalla media all'alta; e sufficientemente vigorosa, tanto da non naufragare nel mare di vibrazioni prodotte dal coro e dall'orchestra, soggetti a un progressivo aumento di strumenti e di voci.
Il trionfo del metodo rossiniano, metodo ippocratico per eccellenza, durò assai meno della vita del Maestro. (...) E nel 1858, il Rossini concludeva: "Oggi che non v'è più una scuola, né interpreti, né modelli... bisogna convincersi che il BEL CANTO E' PARTITO SENZA SPERANZA DI RITORNO". (...)

Con tutto ciò, il metodo di canto del Rossini già che risponde alla natura e all'intelligenza umane, vale per tutti i tempi, per tutte le voci e per tutti gli stili, promuovendo esso l'elaborazione dei suoni nel senso di renderli duttili alle sottilità e malleabili all'ampiezza; sensibili alla leggerezza delle agilità e resistenti alla gravità concentrata della passione; facili all'estensione e potenti nella dizione. Perché se ne abbia un'idea, giova riferire succintamente una interessante esposizione fatta dal Rossini in una specie di conferenza "post prandium", una sera, (nella primavera del 1858) nella villa di Passy a Parigi, alla presenza dei suoi invitati. Fu riprodotta dal Michiotte e tradotta dal Radiciotti.


<<Per gli artisti dei "nostri giorni" (nel 1858!) il canto consiste in uno sforzo convulso delle labbra da cui esce un tremulo molto simile... al traballìo del pavimento all'appressarsi del carro del mio birraio; mentre che le prime donne si abbandonano a "gargauillades" e i tenori a vociferazioni. Non parlo dei portamenti di voce, di questa specie di ragli e di barriti.

"Non bisogna confondere il BEL CANTO con le fioriture". Il BEL CANTO consta di tre elementi:

1) "strumento" (voce) cioè lo stradivarius (la emissione pura del suono);
2) "tecnica"; cioè i mezzi di servirsene, il metodo (respirazione, fonazione, vocalizzazione);
3) lo "stile", che risulta dal gusto e dal sentimento (questo innato, ma perfettibile).

La natura non crea, purtroppo, un organo perfetto di tutto punto. Come è "necessario un liutaio per costruire uno stradivario, così occorre che il futuro cantante si fabbrichi lo strumento di cui deve servirsi. E come è lungo e arduo un simile lavoro!"
un tempo, in Italia, al difetto di compiacenza da parte della natura si "supplicava fabbricando i castrati". Veramente il mezzo era eroico, ma i risultati erano meravigliosi.
Che ingrato lavoro, quello della fonazione della voce, allora!

1) Si cominciava col pensare esclusivamente all' "emissione" pura e semplice del suono; l'omogeneità dei timbri, l'uguagliamento tra i registri, costituivano il fondamento della scuola. Questo insegnamento pratico richiedeva, al minimo, "due anni di esercizi".

2) Quando l'organo aveva acquistato "flessibilità" ed eguaglianza, cioè quando il futuro cantante era in possesso del suo stradivario, allora soltanto incominciava a imparare la maniera di servirsene: la "tecnica", che comprendeva la "tenuta" del suono e tutti gli esercizi di virtuosità: vocalizzi, gruppetti, trilli, ecc...
Dopo cominciava il lavoro delle Vocali. L'impostazione dei suoni e i vocalizzi si eseguivano dapprima isolatamente su ciascuna vocale, poi si facevano sfilare queste alternativamente, tutte e cinque sulla medesima tenuta o sul medesimo passo.
Lo scopo era quello di ottenere che il "suono non variasse" né di timbro né d'intensità (cioè di colore e di forza) nonostante i movimenti della lingua e lo spostamento delle labbra, causati dalla successione delle vocali, ora aperte, ora chiuse...
"Si cercava sopratutto che il suono si diffondesse con l'aiuto del palato, che è il trasmettitore per eccellenza delle belle sonorità."
In ciò s'ha da convenire che la "lingua italiana ha il privilegio di favorire l'effusione del BEL CANTO. Amàre, bèllo": questo "mà", questo "bè" "posti al palato" e così ripercossi non sono già per se stessi una musica?"

3) La terza fase dell'educazione del cantante comprendeva la "messa in pratica" di tutto ciò che si era studiato in particolare durante un "periodo minimo di 5 anni per le donne e di 7 per gli uomini": dopo, a caso di un ultimo anno, il maestro poteva finalmente dire con orgoglio: "Ed ora va pure, tu puoi cantare tutto ciò che vuoi."
Ai miei tempi erano tuttora in vita non pochi "virtuosi" incomparabili, alla cui scuola gli adepti potevano iniziarsi al "gusto", all' "eleganza", allo STILE, insomma.>>"


(tratto da: Giacomo Lauri-Volpi - "Cristalli viventi", 1948)



Il Baritono Antonio Cotogni a sinistra, e il suo Allievo, il Tenore Lauri - Volpi a destra
Giacomo Lauri - Volpi, gloria tutta italiana, Allievo di Cotogni e a sua volta  Maestro del grande Corelli, dotato di una gran voce lirica, ha eseguito perfino Rossini.
Citiamo BRUNO SPOLETI, critico, conferenziere e intervistatore di grandi cantanti lirici, oltre che amico di Lauri -Volpi e Corelli:

"- GIACOMO LAURI VOLPI - nella storica rappresentazione del Centenario dell'Opera alla Scala
( Live del 1 Marzo 1930 ...) Ascoltate l'attacco morbido, sfumato della frase - O muto asil del pianto - dando l'impressione e l'espressione del pianto vero, poi l'accento , il legato, lo scintillio brillantissimo dei - DO - sulle vocali ( i ) difficilissimi, poi lo stile di un canto virile ma dolce, di puro stampo Rossiniano.

Aggiungerei anche con una dizione e un fraseggio scandito, perfetto, unico, di pura scuola di Canto romana, la più consona per cantare in questo modo e tipica dell'Ottocento aulico più vero. Vorrei anche farvi sapere che in quel contesto moltissimi spettatori di quella sera alla Scala avevano portato il - DIAPASON - per costatare in verità se il Leggendario Tenore faceva o non faceva i - DO - !!! ...

Lo dice Lui in una intervista e aggiunge che ora si accontentano solo di un semplice - SI BEMOLLE - Invece quella sera e nelle successive recite il Grande Teatro ribollì come un vulcano in eruzione ... Il brano fu registrato con un radio telefono del tempo ... A tergo in altro Link, il telegramma di - ARTURO TOSCANINI - per complimentarsi ... Alla Scala, ripeto, ci sono due medaglie d'Oro che i Dirigenti coniarono per - GIACOMO LAURI VOLPI - a suggellare quello storico evento ... Chi mai ha potuto tanto ??? ...


Telegramma di - ARTURO TOSCANINI - a - GIACOMO LAURI VOLPI - prima del Guglielmo Tell ... Non so a quanti altri Colleghi li abbia inviati.1929 ...


... Altro telegramma di - ARTURO TOSCANINI - a - GIACOMO LAURI VOLPI - dopo lo storico avvenimento per le impressionanti recite del Tenore di Lanuvio in occasione del Centenario del Guglielmo Tell ... 1° Marzo 1930 . Stanno alla Scala di Milano le due famose Medaglie d' Oro coniate per lo storico avvenimento per le strabilianti performance di - GIACOMO LAURI VOLPI - e tutti le possono vedere ..."





Ringraziamo vivamente l'amico Bruno Spoleti, e tutti i nostri cari lettori.
M° Mattia Peli, M° Astrea Amaduzzi

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